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Archivio dei tag Libri

scomparsa | J.C. Oates

il muro dei sentimenti

Tira fuori il tuo cuore quando scrivi: questo il primo dei 10 consigli di scrittura di Joyce Carol Oates. E di cuore ne ha messo tanto nelle 460 e rotte pagine di Scomparsa (Mondadori, 2016), rendendolo, al di là di alcuni voluti stop narrativi, godibilissimo.

Due diverse letture di “Sono un ragazzo di paese”

di Laura Cirella | scirocconews

Ci sono almeno due modi per approcciarsi a Sono un ragazzo di paese, l’ultima creazione letteraria di Nino Mallamaci. La modalità di chi si approccia alla vita dell’amico Nino, che già conosce, con il suo fare rilassato e sornione, provocatorio e ironico, con le sue vicende più o meno paradossali o tragicomiche. Chi lo conosce, che ne è amico, sa già quanto sia spericolato alla guida, quanto sia attratto dal gentil sesso di bell’aspetto, quanto sia padre smisuratamente innamorato e quanto sia orgoglioso, a buona ragione, della sua storia personale e familiare. In tal senso il suo “libriccino”, come lui stesso lo definisce, ancora una volta teneramente simpatico verso sé stesso, non sarà altro che una conferma, una eclatante conferma, di chi è Nino Mallamaci, del suo spirito autentico e spudoratamente schietto. Chi gli vuole già bene gliene vorrà di più, perché ogni rigo è pura espressione del suo carattere e del suo stile di vita.

Vi è poi una seconda modalità per nulla scontata: quella puramente narrativa e letteraria. Seguendola il “libriccino” può rivelarsi ben più potente e con vocazione meditativa. Il “paese” di Nino Mallamaci si trasforma in uno stato d’animo che, a ben guardare, al giorno d’oggi, abbiamo del tutto smarrito. Oggi, immersi nella tentacolare rete senza limiti geografici del web e dei social network, non disponiamo più di quello stato d’essere ascrivibile a un luogo. Il “paese” di Nino, così come per altri il quartiere, il condominio, la città in cui si è fatta l’università…, è un limite geografico ormai smarrito che offriva orizzonti relazionali arcaici, forti, potenti. La tenerezza smisurata degli affetti, gli odori legati indissolubilmente ai ricordi, la semplicità dei giochi d’infanzia, un lessico famigliare che richiama una Calabria pietrosa e afosa. Il “paese” è scandito da tempi lenti e liturgici (…ogni estate… ogni domenica… ogni Natale…), offre un rituale rassicurante e rarefatto, rotto, nel racconto di Mallamaci, dallo spirito rivoluzionario della sua gioventù, tra ribellione e sogni, tra ambizioni e desideri, rivelando una purezza d’animo come quella di un bambino, tra l’eccitazione per le novità e il perdurare degli affetti familiari. Così, anche quando Nino lascia il “paese”, lui resta un ragazzo di paese, nelle sue avventure in una quotidianità urbana che gli richiede forte spirito di adattamento, in una sfida continua alla sorte e alle leggi di Murphy. Nino sopravvive agli eventi che sopraggiungono con una autoironia esilarante, sarcasmo, senso dello humor e, a dire la verità, una piacevolissima verve letteraria. E se quella semplicità e quella genuinità “motticiana” sono ormai dentro il narratore per sempre e non lo abbandoneranno mai, idem quel senso del rigore, quell’inflessibilità di fronte a ciò che è ingiusto, quell’intolleranza nei confronti dell’intollerante, quel dover fare una cosa perché è giusto che si faccia, piaccia o non piaccia. La parola diviene pietra, il sentimento diviene valore etico irrinunciabile. Il paese per lui è radice e dunque il narratore non può che essere radicale, in ciò che fa e pensa.

Ma vi immaginate, dunque, se ognuno di noi avesse un paese a cui ispirarsi? Vi immaginate se avessimo ancora tutti la possibilità, almeno per un minuto al giorno, di tornare alle nostre radici?
Nel 1950, Cesare Pavese, ne La luna e i falò, scrive: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”

“Sono un ragazzo di paese” ci regala il gusto del viaggio dentro di noi, dell’abbandono e del ritorno alle nostre radici; lo fa in una maniera divertente, che ci lascia il sorriso stampato sulla faccia, senza angoscia e senza rimpianti, senza paturnie e senza recriminazioni, ma con quel piacere come di una buona lettura… all’ombra… al mare… in agosto.

Le implosioni di Faceboom: vite incatenate a Trieste

da Glam Art 

Sabato 14 aprile, alle ore 19, GLAM ART IN PRIMOPIANO, Centro Culturale e di Esposizioni artistiche (Trieste – Capo di Piazza Gianni Bartoli, 1) ospita un incontro con Paola Bottero, autrice di “Faceboom – vite incatenate ai tempi dei social” (Sabbiarossa Edizioni), giunto alla seconda edizione dopo cinque ristampe.

Paola Bottero, giornalista esperta di comunicazione pubblica, scrittrice ed editrice, già autrice di cinque libri e coautrice di altri due, è nata a Torino ma vive tra Roma e Reggio Calabria, sperimentando e contaminando i mondi lavorativi e sociali in cui si muove. L’incontro-intervista sarà condotto da Franco Rosso, che anticipa come Faceboom si riveli come uno spaccato della società dell’apparire, che poco spazio lascia a valori e sentimenti. Ben prima della nascita dei social che oggi sembrano dettare il ritmo della società occidentale, Bukowski aveva affermato La gente non ha bisogno d’affetto. Quello di cui ha bisogno è il successo, in una forma o nell’altra. Una frase anticipatrice di una realtà che riconosciamo in questo libro, nel quale attraverso 18 racconti la Bottero fotografa un’Italia sempre diversa e sempre uguale, in cui regna l’assenza d’amore, interpretata da una serie di personaggi con nessuna vita vera, dove la realtà si manifesta come una implosione verso il nulla.

Diciotto vite che si dipanano tra chat e commenti ai ritmi dei social, i cui protagonisti si pretendono assolti da ogni tipo di legame che non sia quello dell’effimero e dove gli altri sono specchi su cui far risaltare le proprie vacue virtù e la propria inconsistente eccezionalità: per poi rimanere soli. Nessuna manifestazione di vita vera, niente oltre l’on line, inseguendo di fatto l’antidoto alla solitudine: il successo immediato, anche solo in forma di like.

Buon 2018 di amore e letture

Non servivano i dati Istat sulla produzione e sulla lettura riferiti al 2016 per comprendere a che punto sta la nostra Calabria. Il numero di inediti (o già editi in self publishing: per molti aspiranti scrittori è la stessa identica cosa) che ci arrivano quotidianamente via mail è impressionante: sono oltre mille proposte l’anno. Davvero troppe, soprattutto per un piccola casa editrice indipendente come la nostra.

Che in Calabria il numero di persone che scrivono sia ben superiore a quello di chi legge è un dato di fatto incontrovertibile. Parla chiaro il triste primato negativo fotografato dall’Istat del 25,1% riferito alla percentuale di persone (superiori ai 6 anni) che nel 2016 hanno letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici a professionali: 3 calabresi su 4 non hanno aperto un libro neppure per sbaglio. O forse lo hanno fatto per farsi autografare la copia acquistata in favore di selfie. Perché in effetti alcuni libri fanno il tutto esaurito nelle librerie, ma evidentemente la loro vita termina appena postata la foto ricordo della presentazione sui social.

Lo confessiamo: avendo deciso ab origine che la nostra non sarebbe mai stata una casa editrice a pagamento, ma quello che dovrebbe essere ogni realtà nel mondo vasto dell’editoria – vale a dire uno spazio libero e indipendente per permettere di aprire nuovi varchi capaci di incrinare un’editoria sempre più omologata e stereotipata –, ci siamo fermati, per un po’. Abbiamo continuato a ristampare i nostri granelli, che per fortuna non hanno mai smesso di interessare i lettori (pochi ma buoni) di Calabria (e non), ma nessun nuovo titolo. E non solo perché non abbiamo trovato tra i troppi manoscritti che ci continuavano ad arrivare qualcosa che davvero valesse la pena di dare alle stampe: molte librerie chiudevano, molte non riuscivano a pagare i libri già venduti, in giro si vedevano più pantomime di scrittura, esercizi di ego piuttosto che libri degni di essere chiamati tali.
Ora è arrivato il tempo di riprendere da dove ci siamo fermati. Da qualche mese abbiamo riaperto la nostra ricerca, abbiamo messo a punto il restyling della nostra veste grafica, stiamo selezionando tra i manoscritti quelli che entreranno nel nostro catalogo, abbiamo già iniziato con le prime stampe. In questo ultimo giorno del 2017 non possiamo che pensare alle tante splendide letture che stiamo programmando per il 2018. Con la speranza di riuscire a combattere un tendenza all’ignavia e all’abbandono di cultura così ben evidente dai dati Istat. Che dobbiamo continuare ad avere ben presenti, ogni giorno. E non solo quello successivo alla loro pubblicazione.

Vi aspettiamo nelle librerie. Buon 2018 di letture.

Muoverci per rimanere vivi

Scriveva uno degli scrittori che amiamo di più, Albert Camus: “Girando sempre su se stessi, vedendo e facendo sempre le stesse cose, si perde l’abitudine e la possibilità di esercitare la propria intelligenza. Lentamente tutto si chiude, si indurisce e si atrofizza come un muscolo”. I nostri muscoli, che sono i granelli con cui sei anni fa abbiamo iniziato il cammino da editori, sono giovani in continuo movimento. Tutto vogliono fare – tutto vogliamo fare – fuorché girare a vuoto o fare sempre le stesse cose. Chi ci segue sa di che parliamo.

Quindi. Muovendoci ci adeguiamo ai tempi, in evoluzione (o involuzione? ma questa è un’altra storia).

Quasi naturale per noi apportare quelle piccole, quasi impercettibili modifiche capaci di mantenerci in movimento continuo. Rimaniamo gli stessi granelli di sempre nella linea editoriale, nei contenuti scelti con cura, nella creatività, nella qualità – quasi feticistica, lo ammettiamo, ma quando si amano i libri è così – di ogni singolo volume che si materializza nell’eccellenza della carta, della stampa, della rilegatura con cucitura in filo refe, della brossura. Rimaniamo gli stessi granelli di sempre. Siamo un po’ più moderni nel minimo restyling del nostro logo e nell’impostazione grafica delle cover, ma farete davvero fatica ad accorgervene. E dunque non ci resta che augurarvi buone letture.

Stare sui social vale 200 libri non letti all’anno

Pagina99, quotidiano di inchieste, economie e cultura, ha ripreso i calcoli di un giornalista di Quartz, che ha deciso di sommare il tempo trascorso sui social. Una somma che fa massa: vale 200 libri non letti, nell’arco di un anno. Se spegnessimo smartphone, tablet e tv per dedicarci ai libri potremmo leggere molto di più, e moltiplicare in modo esponenziale la media che pone i lettori forti a 10 libri letti l’anno. Certo, i conti sono fatti sul modello americano. Ma vale la pena di esaminarli.

Charles Chu, autore dell’articolo, fornisce calcolatrice alla mano tutti i passaggi per spiegare il ragionamento. Partendo da un presupposto: l’americano medio legge tra le 200 e le 400 parole al minuto. Assumendo che un libro di non-fiction è composto da circa 50 mila parole, 200 libri vuol dire 10 milioni di parole. Prendendo il lettore più veloce della nostra media, quello che macina 400 parole al minuto, per leggere quei 10 milioni di parole serviranno 25 mila minuti. Vale a dire, 417 ore. Per farci un’idea, basti pensare che un anno solare è composto da 8.760 ore. Se anche dessimo per scontato che ciascuno di noi trascorre la metà delle proprie giornate a dormire (ipotesi ottimistica e per eccesso, dunque), resterebbero 4.380 ore.

Considerando un impiegato medio, con un orario di lavoro di 40 ore settimanali, abbiamo 1.920 ore all’anno trascorse in ufficio. Se sottraiamo queste al totale delle ore di veglia, restano comunque 2.460 ore libere. Sicuri di non riuscire a ritagliarvene 417 – cioè meno di un quinto – per dedicarvi alla lettura? Se questi calcoli da soli non sono sufficienti a convincervi, torniamo all’articolo di Quartz, secondo cui un americano medio spende 608 ore all’anno sui social media: persino di più di quante ne occorrerebbero per legge quei famosi 200 libri. Per non parlare della tv: di fronte al piccolo schermo si trascorrono in media addirittura 1.642 ore, cioè oltre la metà del tempo libero totale extra lavoro, almeno stando al nostro piccolo calcolo. Di più: nel totale delle ore (2.250) impiegate davanti agli schermi di pc, tablet, smartphone e televisore potremmo leggere addirittura mille libri in un anno.

Ma sappiamo tutti come impieghiamo il nostro tempo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Non tutti possono essere scrittori

Non basta saper cucinare un piatto di pasta e un rollè pronto comprato dal macellaio per diventare un cuoco gourmet. Non basta divertirsi il sabato sera con il karaoke per diventare un cantante da Music Awards. Non basta avere uno strumento in casa per diventare musicisti. Non basta una comparsata in qualche emittente televisiva, locale o nazionale, per diventare conduttori di Sanremo. Non basta avere una telecamera per diventare registi o attori professionisti. Non basta disquisire di calcio nel fine settimana per diventare allenatori. Non basta avere sempre in mano uno smartphone con la frenesia dello scatto multiplo per diventare fotografi professionisti. Non basta ricopiare aforismi sui social per essere persone di cultura. Non basta avere l’ossessione compulsiva da tastiera riversando in blog più o meno consolidati comunicati stampa, notizie, commenti e testi di vario genere e varia provenienza per diventare giornalisti da Pulitzer. E non basta, infine, scrivere per diventare scrittori.

E invece. E invece ci siamo trasformati in un popolo di cuochi, cantanti, registi, attori, allenatori, fotografi, giornalisti, opinionisti, scrittori. Ce lo diciamo da soli. E ci crediamo. Perché è tutto a portata di mano: se la commessa o lo studente possono diventare personaggi nazionali a colpi di talent show, allora chiunque può definirsi come meglio crede. Chiunque può trasformare in (presunta) professione il proprio sogno. Il talent al posto del talento, come l’impegno social al posto di quello sociale. E così via, con infinite declinazioni di orwelliana memoria.

Ci porterebbero molto lontano le riflessioni su questo “tramonto di un mondo” di cui scriveva Corrado Alvaro. In un luogo dove in pochi (forse pochissimi) vorrebbero-saprebbero arrivare. Ma non è questo il tempo, né il luogo.

Qui, oggi, mentre lavoriamo con la seconda scrematura della marea di manoscritti giunti nell’ultimo trimestre, per poter arrivare ad una rosa di “papabili” editi, siamo stati assaliti da una doppia certezza.
La prima: pubblicare non è un dovere categorico delle case editrici. O più esattamente, delle vere case editrici. Perché quelle a pagamento, dichiarato o no (anche l’obbligo dell’acquisto di un tot numero di copie è editoria a pagamento travestita), ce l’hanno ovviamente come dovere: di sopravvivenza commerciale, esattamente come le tipografie, che campano finché stampano.
La seconda: pubblicare non è un diritto degli aspiranti scrittori. Perché non tutti lo sono. Non tutti lo possono essere. E non è vero che volere è potere, con buona pace del nostro grandissimo Alfieri. Certo, questa seconda certezza è molto più difficile da dimostrare come reale. Perché in un modo o in un altro chi vuole pubblicare – per poter inserire”scrittore” nel proprio profilo social o sotto le locandine di fantomatici happening letterari – pubblica. Anzi, ha una vasta possibilità di scelta: dal self publishing ai “concorsi” per inediti, passando attraverso il mondo vasto dell’editoria a pagamento. E se poi si trova cartoni pieni di volumi in casa, tra amici, parenti e conoscenti, in qualche modo può anche riuscire a contenere la spesa.
La colpa è nostra. Proprio così: la colpa è di noi editori (aspiranti, sedicenti o reali lo dirà il tempo), che non andiamo troppo per il sottile anche se siamo grandi ed affermati. La colpa è anche degli autori (aspiranti, sedicenti o reali lo dirà il tempo, anche in questo caso), che quando si sono fatti un nome che vende a prescindere dal prodotto (scrivere titolo è già dare troppo al tipo di pubblicazione proposta) pensano di poter definire libro anche il diario con pagine bianche vendute a lettori che loro stessi trasformano in autori. La colpa è del fatto che si legge sempre meno, e purtroppo molti dei (pochissimi) libri acquistati servono come base per l’autografo o il selfie, per poi essere abbandonati intonsi (nelle librerie quando va bene, a tenere aperte porte o in cantina quando va meno bene).

E a proposito di leggere. Ci rimettiamo a farlo. Perché è il nostro lavoro. Ma prima ancora perché è la nostra passione. E ci piacciono i bei libri. Ma per trovarli bisogna leggere tanti inediti. Individuare quelli che vale la pena di rileggere, aiutarli ad uscire dal bozzolo, seguirli passo passo fino a quando prendono forma e si mettono in gioco con i lettori. Lʼeditoria non è un gioco, è un lavoro duro e lungo. Ma che può dare, che dà, grandissime soddisfazioni. Quasi come leggere.

Marchiati 2.0 | la calabrofobia corre anche sul web

Noi calabresi siamo come i sei personaggi in cerca d’autore. Siamo davanti a un palco nudo, in un teatro vuoto, intimamente convinti di essere stati concepiti da uno scrittore che poi ci ha abbandonati al nostro destino. Ci aspettiamo che sia qualcuno scrivere il nostro dramma e che ci siano attori professionisti pronti a portarlo in scena fino a quando, questi ultimi, inevitabilmente, risultano falsi ai nostri occhi. Ogni tanto proviamo a entrare in scena, per rappresentare direttamente la nostra vita, ma ci accorgiamo che l’autore che abbiamo scelto non ha ben capito ciò che vogliamo dire, perché le nostre parole per gli altri hanno un significato diverso e perché ciascuno di noi ha una propria verità e vive il proprio dramma in modo ostinatamente individuale. È come se ci portassimo dietro un senso di colpa atavico, che condiziona la nostra volontà di esistere in quanto “calabrese collettivo” e che può essere risolto solo con la fuga dalla Calabria o con il rinnegare la nostra storia e le nostre tradizioni. Parole sacre come “famiglia”, se associate a “calabrese”, sono ormai diventate sinonimo di cosca di ‘ndrangheta. Pezzi del nostro folklore e del nostro antico modo di essere sono stati ormai fagocitati dentro la rappresentazione della ritualità mafiosa. Non è che il resto del mondo rifiuti il nostro “essere” calabresi. Accade, come scriveva Luigi Pirandello per i suoi sei personaggi in cerca d’autore, che il mondo si rifiuti di comprendere la nostra “ragion d’essere” calabresi. E questo accade perché noi non siamo stati in grado di mettere una rigida linea di confine tra la nostra storia, la nostra vita, il nostro “dramma”, e l’altra storia, quella dei calabresi assassini e violenti, quella dei corrotti e dei corruttori.

Inizia così Marchiati 2.0, in uscita nell’autunno 2017 nella collana IMPRONTE. Tre anni dopo l’uscita di Marchiati [come ’ndrangheta, stampa e tv hanno inventato la nuova “calabrofobia”, RC, sabbiarossa, 2014] Alessandro Russo si prepara ad una seconda edizione, totalmente rinnovata. Tante notizie si sono aggiunte in questi due anni e mezzo, in cui social media e web in genere hanno invaso la vita pubblica e privata. Ma è rimasta ancora, sempre più forte, la calabrofobia ottimamente descritta con fatti e notizie in Marchiati 2.0.

le presentazioni dei libri di sabbiarossa ED nel 2016

Il mondo è fatto per finire in un bel libro.

Stéphane Mallarmé
[Enquête sur l’évolution littéraire, 1891]

istantanee di granelli nel vento |

Senza soluzione di continuità, il passaggio dal 2015 al 2016. Gennaio si è aperto con le presentazioni dei nuovi titoli, partendo dall’ultima uscita nella collana IMPRONTEil bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele, che ha celebrato, venerdì 8, il suo secondo battesimo dopo quello di fine anno a Catanzaro, alle Officine Miramare di Reggio Calabria: una sala strapiena dove gli autori hanno conversato con Paola Bottero e Fabio Cuzzola, prima della degustazione di vino delle cantine Altomonte di Palizzi. Il 16 a Cosenza, alla Libreria Ubik, Livia Blasi e Giap Parini hanno presentato Faceboom di Paola Bottero. A fine mese è iniziato il tour de il bicchiere mezzo pieno di Nicola FioritaGiancarlo Rafele: il 23 a Vibo Valentia, al Sistema bibliotecario, con la presentazione di Gilberto Floriani e Nancy Valente, il 28 a Cosenza, alla Libreria Ubik, il 31 a Girifalco (Cz) alla Trattoleria, organizzato dall’ass. Il Grillo parlante.

Il primo appuntamento di febbraio è stato a  Crotone, il 5 alla Libreria Cerrelli, dove la presentazione di Faceboom di Paola Bottero si è accompagnata al blues di Antonio e Alessandro Calabretta. Il 9 a PalermoLibreria Modus Vivendi, una intensa presentazione di storie tossiche di Domenico Salamone, in arte Milingo Sutera, con Rodan Di Maria. Il 13 a Catanzaro è stata la volta de il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele al Liceo Scienze Umane De Nobili. Sabato 20 a Palmi (Rc) l’Associazione Ouitalos ha inaugurato gli appuntamenti settimanali di dialoghi culturali alla RistorEnoteca Al Giardino di Bacco con Arcangelo Badolati e Faceboom: Paola Bottero e i tantissimi presenti sono partiti dal tema dell’opera narrativa per esplorare la deriva sociale e dei social network. Il 25 a Rosarno (Rc) al Museo di Medma l’ass. NuovaMente Rosarno ha organizzato la presentazione de il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele con Fabrizio Sudano, Maria Carmela Greco, Giacomo Giovinazzo. Il 27 un doppio incontro con Faceboom Paola Bottero: la mattina a Reggio Calabria con gli studenti del Liceo Scientifico A. Volta, nel tardo pomeriggio a Siderno (Rc) alla Libreria Mondadori, con Fabio Macagnino e Marisa Larosa.

Marzo è iniziato con il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita eGiancarlo Rafele, alla Libreria Tavella di Lamezia Terme il 3. Il 18 alle 18 Reggio Calabria ha ospitato, alle Officine Miramare, un esperimento più che riuscito, dal titolo variazioni sul tema: Faceboom in jazz. Le parole di Paola Bottero, l’arte di Angela Pellicanò, le note di Nino Spezzano e del suo quintetto unite dalle vite incatenate di Faceboom, con la moderazione di Francesco Villari. Sempre il 18, a Cropani (Cz), nell’ambito del XIII Festival Letteratura di Calabria Parole ErrantiNunzio Belcaro ha presentato il bicchiere mezzo pieno con Giancarlo Rafele.

Aprile si è aperto il 2 a  Gioiosa Jonica (Rc), all’Auditorium comunale, dove il Club Unesco ha messo a confronto centinaia di studenti in un dibattito aperto partendo da Faceboom di Paola Bottero. Con la narratrice il magistrato Antonio De Bernardo, l’ass. reg. Federica Roccisano e la sociologa Maria Rita Mallamaci. Il 16 è stata la volta di Sant’Anna di Seminara (Rc): l’associazione Terramala ha organizzato un’intensa presentazione di Faceboom di Paola Bottero con Santo Gioffrè e Lucio Rodinò, che si è ripetuta il 21 a  Marina di S. Lorenzo (Rc), al Centro giovanile, moderata da Maria Manti e don Giovanni Zampaglione. Il 22 a Taurianova (Rc) il confronto è stato intenso e corale con i tantissimi studenti dell’IS GF Gemelli Careri,  via Francesco Sofia Alessio 13:  i libri… ali per volare, in collaborazione con Comune, Club per l’Unesco di Palmi e Ass. Geppo Tedeschi, presentazione di Faceboom di Paola Bottero con Fabio Scionti, Maria Stella Morabito, Giuseppe Loprete, Filippo Andreacchio, Rocco Militano, Maria Frisina.
Il 24 è stata la volta di Gerace (Rc): a GeraceLibroAperto Roberta Manto, Angelica Petrillo e Floriana Giannotti, studentesse del liceo Zaleuco di Locri hanno presentato con il professor Giuseppe Giarmoleo e Marisa Larosa Faceboom di Paola Bottero. Aprile si è chiuso il 29 a Soverato (Cz): la Libera Università Popolare della Terza Età e del Tempo Libero “Magno Aurelio Cassiodoro” ha presentato con Mariella Pedullà il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele.

Maggio è il mese dei libri (anche se noi preferiamo dire che ogni mese, ogni giorno, è il tempo giusto per leggere), e i granelli prendono il volo partendo da Crotone, dove il 4, alla libreria Cerrelli, è stato presentato il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita eGiancarlo Rafele. Poi è stata la volta di Torino e del XIX Salone Internazionale del Libro, dal 12 al 16. Presenti tutti i granelli, sabato 14 si è tenuta la presentazione di Faceboom di Paola Bottero con il giornalista Fabio Malagnino, il sociologo della comunicazione UniTo Cristopher Cepernich, l’ass. Welfare Regione Calabria Federica Roccisano. Le 18 vite incatenate di Faceboom, con l’autrice Paola Bottero, si sono poi spostate nuovamente in Calabria, il 26, a Lamezia Terme, per un doppio appuntamento: la mattina all’auditorium Liceo Campanella, in conversazione con oltre 500 studenti, nonché con Michela Cimmino e Ippolita Luzzo, che hanno accompagnato anche la presentazione del pomeriggio a Samarcanda. Sempre il 26 a Rogliano (Cs) Daniel Cundari ha presentato il bicchiere mezzo pieno di e con Nicola FioritaGiancarlo Rafele. Il mese dei libri si è concluso, il 31, a Gioia Tauro (Rc)Palazzo Baldari ha ospitato il dibattito su Faceboom tra l’autrice Paola Bottero e gli studenti del liceo linguistico Giovanni Paolo II con la regia di Gessica Zecca e gli interventi di Giuseppe Pedà e Francesco Toscano.

L’estate è partita il 22 giugno a Roma, in un contesto magico: l’isola Tiberina, location di Cinema&Libri (all’interno della vasta estate di Hollywood sul Tevere), dove Giovanna Casadio ha presentato Faceboom di Paola Bottero.
Tante le presentazioni di luglio con il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele, tra cui si ricordano il 15 a Roccella Jonica (Rc), ex convento dei Minimi e il 22 a Monasterace (Rc), ‘A Lanterna.
Agosto si è aperto dove si era chiuso luglio: il 5, sempre a Monasterace (Rc). Un luogo dell’anima, ‘A Lanterna, dove Maria Carmela Lanzetta ha intrecciato le note della chitarra battente di Francesco Loccisano con le vite incatenate di Faceboom di Paola Bottero. Il 7 il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele è approdato a Fuscaldo Marina (Cs).

Rc12

il 2015 in pillole

il 2014 in pillole

il 2013 in pillole

il 2012 in pillole

un anno di vita

Poco più di un anno di vita, ma ottime soddisfazioni per la casa editrice reggina sabbiarossa ED. Il consuntivo è stato presentato alla fiera di Roma, più libri più liberi, durante la quale sono stati illustrati i risultati raggiunti. Si è partiti con il primo titolo della collana di narrativa, STORIE, con bianco come la vaniglia, di Paola Bottero, che continua ad essere presentato in giro per l’Italia (l’ultima presentazione a Taormina, la prossima, a metà gennaio, a Milano), ed ha ricevuto il Premio Elmo. Poi è stata la volta della collana RIFLESSIONI, che con tra le mura dell’anima, diario di viaggio del progetto Sicomoro di Marcella Reni e Carlo Paris, è andato in ristampa nel giro di pochissimi mesi e sta per trasformarsi in ebook per i mercati internazionali (nei prossimi giorni sarà disponibile su Amazon la prima traduzione, in spagnolo). Poi è stata la volta di senza targa, il viaggio nella buonavita di Calabria di Paola Bottero e Alessandro Russo, che ricevono continui inviti in tutta la penisola per raccontare i dodici apostoli: ultimo appuntamento la settimana scorsa, quando sono stati invitati alla Settimana della Costituzione, organizzata dalla Provincia di Fermo e dalle istituzioni locali. Il secondo titolo per STORIE, Esperanza, romanzo storico e di denuncia di Paolo e Pierre Groppo, unisce in un unico destino l’Europa nazista alle nuove dittature sudamericane. Uscito a settembre, è già internazionale: l’ultima presentazione si è svolta a Nairobi, e si stanno organizzando molti eventi con le ambasciate argentine. La collana FRAMMENTI è andata in stampa con la prima uscita, la voce del vento, di Venera Siracusa, già molto richiesta.

Chiudono il 2012 i due titoli della collana TRACCE. Il primo, il Pogrom della Continassa, è appena uscito e già sta facendo discutere: Carla Osella e Mara Francese, raccontando le storie dei Rom di Torino (il libro parte dalle vicende accadute nel capoluogo piemontese proprio un anno fa e prosegue con una visione antropologica dell’intolleranza nei confronti dei popoli nomadi), scalfiscono le coscienze di chi parla di integrazione e di tolleranza senza però approdare ai fatti in un’emergenza ai margini dei margini. Il secondo è prossimo all’uscita (sarà disponibile a partire dalla fine della settimana), e promette nuove discussioni: il porto senza Gioia è il diario di bordo di Aldo Libri, sindacalista impegnato per anni in quello che sarebbe potuto diventare il principale hub del Mediterraneo, che senza sconti fa i nomi e i cognomi di chi ha creduto e chi invece ha affossato il porto di Gioia Tauro.

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Sono in lavorazione le due prossime collane: IMPRONTE, con la collettanea la ‘ndrangheta davanti all’altare, che partirà dagli atti del convegno organizzato nell’estate per ampliare al massimo l’argomento, e GENEALOGIE, voci di donne “per una cartografia delle differenze”, che uscirà a marzo con una seconda collettanea. Per il 2013 ci sono altri progetti in cantiere.

«Qualche volta è accaduto che un granello di sabbia sollevato dal vento abbia fermato una macchina. Anche se ci fosse un miliardesimo di miliardesimo di probabilità che il granello, sollevato dal vento, vada a finire nel più delicato degli ingranaggi per arrestarne il movimento, la macchina che stiamo costruendo è troppo mostruosa perché non valga la pena di sfidare il destino»: la casa editrice ha scelto questa frase di Norberto Bobbio per riassumere la propria mission. E continua a fabbricare granelli.

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