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SalTo18: non dimentichiamo l’orizzonte disegnato insieme

«Stavolta cerchiamo di non fare come capita troppo spesso, quando tornando a casa veniamo schiacciati dalla quotidianità e dimentichiamo l’orizzonte disegnato insieme».
Con questa speranza i giornalisti e scrittori Paola Bottero e Alessandro Russo hanno lasciato Torino. Volge al termine la 31ma edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino  – #SalTo18, che sarà ricordata come quella delle grandi affluenze. Mentre al Lingotto i riflettori si spengono e ciascuno si prepara al rientro, è molto forte la speranza di essere stati testimoni di una ripartenza per una nuova narrazione. Una narrazione in cui leggere diventi, anche in Calabria, un qualcosa di importante da condividere, proteggere e far crescere.

SalTo Irto, Abate, Bottero
da sinistra Nicola Irto, Carmine Abate e Paola Bottero
SalTo Corigliano, Floriani, Bottero, Viscomi
da sin. Maria Francesca Corigliano, Gilberto Floriani, Paola Bottero e Antonio Viscomi

“lamentarsi come ipotesi”

I fondatori di SABBIAROSSA, uno dei 13 editori che hanno animato lo stand della Regione Calabria, non hanno dubbi: «È finito il tempo di “lamentarsi come ipotesi”, per citare il grande Voltarelli».

«Quando ci siamo accorti che il giornalismo, locale e nazionale, non riusciva a superare gli stereotipi negativi» hanno spiegato «e non bastava a ricostruire una narrazione della Calabria aderente alla realtà, abbiamo iniziato a cercare altri mezzi, altri modi.
Da ormai più di dieci anni costruiamo occasioni per far conoscere la nostra regione a giornalisti, registi, premi Oscar, scrittori, intellettuali. Insieme ad una nuova narrazione che portiamo avanti con la nostra casa editrice c’è anche bisogno di far conoscere dal vero le meraviglie di questa nostra terra».

«Il lavoro è lungo, ma pieno di soddisfazioni, che potrebbero essere ancora maggiori se riuscissimo ad avere una vision unitaria ed unita. Noi stiamo continuando a farlo: proprio stamattina abbiamo delineato i passaggi fondamentali di un progetto importante, fatto di sinergie e condivisioni. Speriamo di poterlo ampliare a quanti più attori possibili: intanto agli scrittori incontrati al Salone. E poi alla Regione attraverso il Presidente Irto, da sempre attento ad ogni sollecitazione culturale, e l’assessore Corigliano, che inizia un percorso di (ri)costruzione che è di cucitura e di messa in rete delle immense potenzialità culturali della nostra terra».

SABBIAROSSA al Salone

Sabbiarossa Edizioni è stata presente al Salone del Libro di Torino con alcuni dei suoi titoli più recenti.

Sabato la scrittrice Paola Bottero ha partecipato alla tavola rotonda dal titolo “la regione degli scrittori per una nuova narrazione della Calabria”. Insieme agli altri scrittori – Carmine Abate, Giuseppe Aloe, Ettore Castagna, Gioacchino Criaco, Domenico Dara, Nicola Fiorita, Mimmo Gangemi, Olimpio Talarico – i rappresentanti istituzionali Irto e Corigliano. Moderazione di Filippo Veltri.

Domenica è stata la volta della presentazione, moderata da Alessandro Russo, del libro Sono un ragazzo di paese di Nino Mallamaci, collana Memorie (foto).

Sono un ragazzo di paese a Torino e Taurianova

Ci sono almeno due modi per approcciarsi a Sono un ragazzo di paese, l’ultima creazione letteraria di Nino Mallamaci. La modalità di chi si approccia alla vita dell’amico Nino, che già conosce, con il suo fare rilassato e sornione, provocatorio e ironico, con le sue vicende più o meno paradossali o tragicomiche. Chi lo conosce, che ne è amico, sa già quanto sia spericolato alla guida, quanto sia attratto dal gentil sesso di bell’aspetto, quanto sia padre smisuratamente innamorato e quanto sia orgoglioso, a buona ragione, della sua storia personale e familiare. In tal senso il suo “libriccino”, come lui stesso lo definisce, ancora una volta teneramente simpatico verso sé stesso, non sarà altro che una conferma, una eclatante conferma, di chi è Nino Mallamaci, del suo spirito autentico e spudoratamente schietto. Chi gli vuole già bene gliene vorrà di più, perché ogni rigo è pura espressione del suo carattere e del suo stile di vita.
Vi è poi una seconda modalità per nulla scontata: quella puramente narrativa e letteraria. Seguendola il “libriccino” può rivelarsi ben più potente e con vocazione meditativa. Il “paese” di Nino Mallamaci si trasforma in uno stato d’animo che, a ben guardare, al giorno d’oggi, abbiamo del tutto smarrito. Oggi, immersi nella tentacolare rete senza limiti geografici del web e dei social network, non disponiamo più di quello stato d’essere ascrivibile a un luogo. Il “paese” di Nino, così come per altri il quartiere, il condominio, la città in cui si è fatta l’università…, è un limite geografico ormai smarrito che offriva orizzonti relazionali arcaici, forti, potenti. La tenerezza smisurata degli affetti, gli odori legati indissolubilmente ai ricordi, la semplicità dei giochi d’infanzia, un lessico famigliare che richiama una Calabria pietrosa e afosa. Il “paese” è scandito da tempi lenti e liturgici (…ogni estate… ogni domenica… ogni Natale…), offre un rituale rassicurante e rarefatto, rotto, nel racconto di Mallamaci, dallo spirito rivoluzionario della sua gioventù, tra ribellione e sogni, tra ambizioni e desideri, rivelando una purezza d’animo come quella di un bambino, tra l’eccitazione per le novità e il perdurare degli affetti familiari. Così, anche quando Nino lascia il “paese”, lui resta un ragazzo di paese, nelle sue avventure in una quotidianità urbana che gli richiede forte spirito di adattamento, in una sfida continua alla sorte e alle leggi di Murphy. Nino sopravvive agli eventi che sopraggiungono con una autoironia esilarante, sarcasmo, senso dello humor e, a dire la verità, una piacevolissima verve letteraria. E se quella semplicità e quella genuinità “motticiana” sono ormai dentro il narratore per sempre e non lo abbandoneranno mai, idem quel senso del rigore, quell’inflessibilità di fronte a ciò che è ingiusto, quell’intolleranza nei confronti dell’intollerante, quel dover fare una cosa perché è giusto che si faccia, piaccia o non piaccia. La parola diviene pietra, il sentimento diviene valore etico irrinunciabile. Il paese per lui è radice e dunque il narratore non può che essere radicale, in ciò che fa e pensa.
Ma vi immaginate, dunque, se ognuno di noi avesse un paese a cui ispirarsi? Vi immaginate se avessimo ancora tutti la possibilità, almeno per un minuto al giorno, di tornare alle nostre radici?
Nel 1950, Cesare Pavese, ne La luna e i falò, scrive: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”
“Sono un ragazzo di paese” ci regala il gusto del viaggio dentro di noi, dell’abbandono e del ritorno alle nostre radici; lo fa in una maniera divertente, che ci lascia il sorriso stampato sulla faccia, senza angoscia e senza rimpianti, senza paturnie e senza recriminazioni, ma con quel piacere come di una buona lettura… all’ombra… al mare… in agosto.

Così scrive Laura Cirella del titolo che ha inaugurato la nuova collana di sabbiarossa EDIZIONI, MEMORIE. Un titolo che continua a viaggiare e far viaggiare i suoi lettori: domenica 13 maggio alle 11.30 approderà al XXXI Salone del Libro, venerdì 18, alle 17, sarà a TaurianovaLegge. I due incontri con l’autore saranno moderati da due giornalisti: Alessandro Russo a Torino, Gianluca Ursini a Taurianova.

Due diverse letture di “Sono un ragazzo di paese”

di Laura Cirella | scirocconews

Ci sono almeno due modi per approcciarsi a Sono un ragazzo di paese, l’ultima creazione letteraria di Nino Mallamaci. La modalità di chi si approccia alla vita dell’amico Nino, che già conosce, con il suo fare rilassato e sornione, provocatorio e ironico, con le sue vicende più o meno paradossali o tragicomiche. Chi lo conosce, che ne è amico, sa già quanto sia spericolato alla guida, quanto sia attratto dal gentil sesso di bell’aspetto, quanto sia padre smisuratamente innamorato e quanto sia orgoglioso, a buona ragione, della sua storia personale e familiare. In tal senso il suo “libriccino”, come lui stesso lo definisce, ancora una volta teneramente simpatico verso sé stesso, non sarà altro che una conferma, una eclatante conferma, di chi è Nino Mallamaci, del suo spirito autentico e spudoratamente schietto. Chi gli vuole già bene gliene vorrà di più, perché ogni rigo è pura espressione del suo carattere e del suo stile di vita.

Vi è poi una seconda modalità per nulla scontata: quella puramente narrativa e letteraria. Seguendola il “libriccino” può rivelarsi ben più potente e con vocazione meditativa. Il “paese” di Nino Mallamaci si trasforma in uno stato d’animo che, a ben guardare, al giorno d’oggi, abbiamo del tutto smarrito. Oggi, immersi nella tentacolare rete senza limiti geografici del web e dei social network, non disponiamo più di quello stato d’essere ascrivibile a un luogo. Il “paese” di Nino, così come per altri il quartiere, il condominio, la città in cui si è fatta l’università…, è un limite geografico ormai smarrito che offriva orizzonti relazionali arcaici, forti, potenti. La tenerezza smisurata degli affetti, gli odori legati indissolubilmente ai ricordi, la semplicità dei giochi d’infanzia, un lessico famigliare che richiama una Calabria pietrosa e afosa. Il “paese” è scandito da tempi lenti e liturgici (…ogni estate… ogni domenica… ogni Natale…), offre un rituale rassicurante e rarefatto, rotto, nel racconto di Mallamaci, dallo spirito rivoluzionario della sua gioventù, tra ribellione e sogni, tra ambizioni e desideri, rivelando una purezza d’animo come quella di un bambino, tra l’eccitazione per le novità e il perdurare degli affetti familiari. Così, anche quando Nino lascia il “paese”, lui resta un ragazzo di paese, nelle sue avventure in una quotidianità urbana che gli richiede forte spirito di adattamento, in una sfida continua alla sorte e alle leggi di Murphy. Nino sopravvive agli eventi che sopraggiungono con una autoironia esilarante, sarcasmo, senso dello humor e, a dire la verità, una piacevolissima verve letteraria. E se quella semplicità e quella genuinità “motticiana” sono ormai dentro il narratore per sempre e non lo abbandoneranno mai, idem quel senso del rigore, quell’inflessibilità di fronte a ciò che è ingiusto, quell’intolleranza nei confronti dell’intollerante, quel dover fare una cosa perché è giusto che si faccia, piaccia o non piaccia. La parola diviene pietra, il sentimento diviene valore etico irrinunciabile. Il paese per lui è radice e dunque il narratore non può che essere radicale, in ciò che fa e pensa.

Ma vi immaginate, dunque, se ognuno di noi avesse un paese a cui ispirarsi? Vi immaginate se avessimo ancora tutti la possibilità, almeno per un minuto al giorno, di tornare alle nostre radici?
Nel 1950, Cesare Pavese, ne La luna e i falò, scrive: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”

“Sono un ragazzo di paese” ci regala il gusto del viaggio dentro di noi, dell’abbandono e del ritorno alle nostre radici; lo fa in una maniera divertente, che ci lascia il sorriso stampato sulla faccia, senza angoscia e senza rimpianti, senza paturnie e senza recriminazioni, ma con quel piacere come di una buona lettura… all’ombra… al mare… in agosto.

La voce di Alessio Praticò dà corpo alle memorie di Mallamaci

Alessio Praticò: un nome che da solo porta con sé tutto ciò che il bravissimo attore di Reggio Calabria rappresenta. Alessio non è solo un grande interprete: è anche e soprattutto un grande amico. Che ci ha regalato momenti altissimi, durante il battesimo dell’ultimo granello di sabbiarossa, il diario sono un ragazzo di paese. Tre reading che sono andati ben oltre il testo, dando colore e forma alle memorie di Nino Mallamaci. Per chi c’era e vuole rivivere il primo di quei momenti, e per chi non c’era e vuole capire cosa si è perso, ecco il video.
Mancano gli altri due: ci comprenderete, se abbiamo preferito goderci il battesimo. Ma presto arriverà il video integrale della serata.

https://www.facebook.com/sabbiarossaED/videos/1585240491574881/

Il battesimo di “sono un ragazzo di paese” di Nino Mallamaci

Nino Mallamaci, “amante della scrittura e della politica” dopo la pubblicazione della terza raccolta di poesie, Ci sono solchi (2017), ritorna alla prosa. Lo fa con la casa editrice sabbiarossa edizioni, inaugurando la collana MEMORIA con il suo “granello di sabbiarossa”: sono un ragazzo di paese.
Il libro verrà presentato in anteprima venerdì 22 dicembre alle 17:30 nella sala Conferenze di Palazzo Alvaro, piazza Italia a Reggio Calabria. Un battesimo studiato per allietare il pubblico, con un’alternanza di reading, affidati all’attore Alessio Praticò, e intervista all’autore Nino Mallamaci.
Spiega Alessandro Russo, editore e giornalista che condurrà l’anteprima di venerdì: «È un titolo che accomuna Alessio e Nino per almeno due motivi. Innanzitutto perché entrambi hanno una visione divertita e divertente delle cose, ed amano ridere per rendere meno dure le vicissitudini quotidiane. Poi per questa territorialità che li lega a paesi reggini: Nino a Motta San Giovanni, cui dedica le sue memorie, Alessio a Roghudi, dove ha girato un bellissimo cortometraggio. Sono radici che appartengono alla nostra storia e che saranno alla base dell’evento di venerdì prossimo».

Lo hanno scelto registi del calibro di Marco Tullio Giordana, Paolo Sorrentino, Francesco Munzi: Alessio Praticò, grande attore che a Reggio Calabria torna appena gli è possibile, presta la sua voce e la sua interpretazione a un titolo che è un diario, una miscellanea, una raccolta di schegge che partono dall’infanzia dell’autore per arrivare ai giorni nostri.

Il “ragazzo di paese” è un concetto di sintesi: è lo spirito, è la voglia di divertirsi, è l’ansia della scoperta, è la marachella sempre dietro l’angolo, sono i sogni di chi riesce a mantenere intatta la disarmante leggerezza con cui ha vissuto la giovinezza. Un’astrazione e una sublimazione, in cui si racchiudono una fanciullezza e una adolescenza sempre tendenti verso la libertà degli anni a venire.

Nino Mallamaci ride ancora tra le righe che raccontano il suo vissuto a Motta San Giovanni, un paesino in provincia di Reggio Calabria, nella magia degli odori intensi della casa dove è nato e cresciuto o delle strade dopo la pioggia, nell’intensità delle partite a pallone o nell’eccitazione dei primi amori sotto il controllo militare di fratelli e madri delle ragazze amate.
Il fumo delle sigarette proibite fa da cornice all’epica dei racconti di gioventù, sempre all’insegna della scelta sbagliata, sempre conditi dall’alibi della “sfiga perenne”, sempre divertenti e scritti con il giusto compiacimento di chi nell’errore trova la sua libertà. Una libertà gustosa, rubata tra le pieghe di un mondo genuino in cui era facile trovare la meraviglia delle piccole cose. Un mondo perduto che l’autore ci restituisce con un sorriso e un battito di cuore.
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